La maternità vissuta negli USA con tutti i suoi pro e contro.
In un mio precedente post ho raccontato la mia esperienza sull’induzione naturale del parto e perchè, con me, non abbia funzionato, ma mi sono resa conto di non aver mai condiviso il mio punto di vista di mamma italiana negli USA. Da mamma expat a mamma expat, lascia che ti chieda: ti sei mai ritrovata in una di quelle situazioni in cui ti sei sentita confusa e spaesata fra due culture? Sì? Allora siamo sulla stessa barca, Mama! Lascia che ti racconti la mia personale esperienza sulla maternità vissuta negli USA, con tutti i suoi pro e contro. Iniziamo dalla gravidanza…
L’inaspettata ecografia

Verso la fine dell’ottavo mese di gravidanza, la mia ginecologa decise di fare un’ultima ecografia 3D, giusto per essere sicuri al 100% che il fagiolotto fosse ben sviluppato. La cosa non era programmata in quanto doveva essere semplicemente una visita di routine. Usti..
Torniano un attimo indietro nel tempo: io che dalla ginecologa in Italia ci andavo solo ogni 2 anni per il pap-test (e gia’ quello era uno smaronamento totale), figuramioci doverci andare ogni sacrosanto mese qui negli USA, dove vivo da circa 4 anni, per sentirsi dire che “e’ normale prendere peso” (ma porc…), “e’ normale aver voglia di fare sesso anche con la foto di tuo marito” (ormoni a go-go), “e’ normale minacciare tuo marito (con il quale un minuto prima volevi fare sesso) di una morte violentissima se non ti va a prendere il gelato alle 3 del mattino”. Ti dicono che tutto e’ normale ma boh.. la sensazione e’ quella di essersi addormentate per svegliarsi su un pianeta alieno, dove di punto in bianco ti ritrovi con un esserino che si muove dentro di te come un pitbull imbestialito appena provi ad allacciarti le scarpe.
Allora vai dalla ginecologa per la milionesima visita (da sola perche’ tuo marito lavora) pensando “fra un mese e mezzo sara’ pur finita” e ti senti dire che il bimbo sembra un po’ piccino e quindi faranno un’eco. Tu che fino a un minuto prima, grondando nel caldo afoso di luglio, lanciavi Avada Kedavra ai passanti che guardavano inteneriti la “pancina” (che equivaleva alle dimensioni di una balena del Baltico), inizi a sudare freddo… Freddissimo. Ti sdrai li’, ti mettono il gel che e’ ghiacciato come la punta del K2 e trattieni il gas intestinale che ormai è parte integrante della tua vita (che ti piaccia o no!). Iniziano l’eco e prendono le misure, peso, ecc.. Il bimbo e’ sanissimo, solo un filo “borderline” (come dicono qua negli USA) per quanto riguarda il peso! Tu, che da brava italiana ti devi adattare alla cultura pensi.. MA LI MORTACCI VOSTRA! Mi avete fatto prendere… vabbe’ lasciamo perdere. Il topino sta bene ed e’ questo che conta. La maternità vissuta negli USA promette di essere più stressante di quanto previsto.
Differenze di aspettative
Ci ho messo due giorni a tranquillizzarmi del tutto su sta storia del “un po’ piccino” e il motivo e’ per la odiosissima conversione fra libbre e chilogrammi. Fatta la conversione online appena uscita dallo studio medico (Dio benedica Google), ho notato che il peso in chili non era poi cosi’ drammatico. E quindi? Al che’ la mia natura curiosa mi ha portato a fare ricerche online (Dio benedica anche i blog). Per farla breve, il motivo per cui pensavano fosse sottopeso e’ perche’ qui in America la media di peso dei neonati e’ statisticamente superiore alla media di peso dei neonati in Italia.
Uff.. ancora non e’ nato e’ gia’ cercano di farmelo diventare obeso! Iniziamo bene!!
Ma questa è solo una delle esperienze che ho vissuto.
La piacevole sorpresa il giorno del parto

Quando entro in ospedale mi fanno accomodare in una stanza che sembra uscita dall’Hilton con un letto enorme dotato di ogni comfort, bagno privato con doccia a seduta, tv, armadio, cucinino e anche un letto aggiuntivo per il marito. Una pulizia a livelli quasi imbarazzanti. Tutto sommato la maternità vissuta negli USA inizia a sembrare un filo più piacevole e l’ansia per l’evento inizia a scemare.
Mentre ancora mi guardo intorno cercando di capire se mi trovo su Scherzi a Parte, iniziamo con l’induzione farmacologica delle contrazioni (ero alla 41sima settimana inoltrata) che non sono proprio una passeggiata. Ma allo scadere di ogni ora le infermiere vengono a controllarmi e anche questo mi fa stare più tranquilla.
Il giorno dopo vengono a trovarmi in ospedale i miei parenti venuti dall’Italia per stare qualche settimana da noi e assistere al lieto evento. Ricordo ancora le loro facce sbalordite davanti a tanta lussuria e pulizia. Trattata quasi come una regina, inizio a pensare che la maternità vissuta negli USA sia forse una benedizione.
Senza entrare nei dettagli delle 36 ore passate prima che il nano si decidesse a venire fuori, devo dire che l’esperienza in generale è stata estremamente positiva, a parte lo scollamento manuale della membrana in cui avrei voluto prendere a calci l’ostetrica dal dolore. Ma stava facendo solo il suo lavoro e io non mi sono mai sentita forzata a fare qualcosa che non volevo fare. Anche nei momenti più critici avevo a disposizione uno squadrone di ostetriche ed infermiere pronte ad aiutarmi in ogni modo. E mai una volta, dico mai, ci hanno messo più di 30 secondi per apparire alla mia chiamata.
La maternità vissuta negli USA – visite pediatriche & Co.
Ci assegnano una lista di pediatri a cui rivolgerci e ne scegliamo uno più per comodità (letteralmente dietro casa) che altro. Restiamo subito impressionati dalla sua professionalità ed empatia, tant’è che, nonostante si sia successivamente trasferito dall’altra parte della città, resta ancora il nostro pediatra di fiducia.
Poi arriva l’allattamento al seno. L’ospedale offre classi gratuite
una volta alla settimana per imparare tutte le tecniche migliori. Decido di partecipare ad un paio e resto piacevolmente colpita dal supporto e i consigli preziosi che ricevo.
Consigli sulla maternità in USA paragonati all’Italia

Non posso fare un paragone per esperienza personale su come sia la maternità in Italia, visto che non ci ho mai cresciuto un figlio. Ma la maternità vissuta negli USA ha i suoi e pro e contro. So che ci sono differenze enormi sui consigli che si ricevono durante la crescita. Per farti alcuni esempi:
- qui consigliano di non tenere il bambino nel letto, ma di metterlo in una bassinette affianco, in modo da non rischiare soffocamento o schiacciamento accidentali. E di spostarlo gradualmente nella sua culla intorno ai 6 mesi, o comunque quando inizia a dormire più a lungo.
- di usare la fasciatura con la copertina per aiutarlo a limitare i movimenti durante la pennica e a dormire meglio
- Mio figlio ha sofferto di coliche neonatali per parecchi mesi. Quando ho proposto l’uso del sondino anale mi hanno guardata come se fossi la strega di Blair. Io l’avevo visto usare con ottimi risultati più di una volta in Italia e non mi sembrava di aver detto chissà che assurdità. Ma sei una neo-mamma e i dubbi ti vengono lo stesso. Qui non lo vendono in farmacia, lo trovi solo su Amazon.
- I vaccini per i bambini negli USA, o perlomeno qui in Georgia, sono obbligatori. Io sono sempre stata pro-vaccino, ma mi chiedo un’altra mamma che non la pensa come me come avrebbe vissuto la cosa.
- Per legge hai 3 mesi di maternità (in alcuni casi retribuita, in altri no) in cui il datore di lavoro non può assegnare la tua posizione a nessun altro. Finiti i 3 mesi o torni a lavoro o rischi di perdere il posto. Per alcune aziende c’è la possibilità di estenderla, ma sono poche le eccezioni. Quindi molte mamme che hanno necessità di tornare a lavoro lasciano i bambini all’asilo dal terzo mese di vita. Cosa sulla quale io non ero assolutamente d’accordo. E così ho trovato una soluzione alternativa. Oltre a trovare un lavoro da casa.
- Inoltre, tutta una serie di teorie contrastanti su qualsiasi cosa. Dagli orari per mangiare, dormire, ecc, a cosa usare per lo svezzamento. Da quale sia l’età giusta per smettere di allattare, all’uso o meno del ciuccio. Dai metodi di spannolinamento, fino ai rimedi più o meno naturali per dentizione, prevenzione malattie e quant’altro.
Chi ascoltare?
Insomma, quando sei una mamma expat può capitare che tu ti senta spaesata e arrivino i giorni in cui non sai più chi ascoltare. La risposta per me è, e sarà sempre, ascolta prima di tutto te stessa.
Tutti sbagliano. Anche gli espertoni nelle materie più disparate prima o poi ritrattano una teoria sostituendola con l’esatto opposto.
A meno che non si tratti di un caso di vita o di morte, puoi tranquillamente fare affidamento sul tuo istinto. Ascoltare tutti i consigli, ma mettere in pratica e sperimentare solo quelli che si adattano meglio alla tua situazione e a tuo figlio.
La maternità vissuta negli USA può anche essere diversa da come la vivono in altri paesi, ma tutto sommato non posso certo lamentarmi. Ci si deve abituare alla logica dell’assicurazione medica, ma il risultato è che quando vai dal dottore o in ospedale, ti trattano come un cliente che paga per un servizio.
Conclusioni generali

Il nano ha ora 2 anni e mezzo e vederlo entrare ed uscire felice dall’asilo mi dona tanta gioia e la sicurezza di poter andare a lavoro senza chiedermi per tutto il giorno se stia bene.
Quello che mi preoccupa un po’ è il livello di istruzione scolastica offerto dagli USA. Ma ce ne occuperemo quando sarà il momento.
Un fattore decisamente importante è l’enorme quantità di scelta che questo paese offre. Non è necessario essere milionari per poter comprare un terreno e costruirsi una casa che risponda alle esigenze della propria famiglia.
Dell’Italia però c’è da dire che alcune usanze e costumi sono valori importanti che tento ogni giorno di trasmettere al nanerottolo. Come l’importanza di sedersi a tavola con la propria famiglia e chiaccherare, invece di mangiare e scappare via. Non sempre è facile adeguarsi, in quanto i ritmi qui possono essere molto frenetici, ma alla fine dei conti la maternità vissuta negli USA ha i suoi pro che sono, per mia esperienza personale, più decisivi dei contro.
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